“A volte ritorno” di John Niven. “Non posso pensarti figlio di Dio, ma figlio dell’uomo, fratello anche mio”, canta Fabrizio De André in “Laudate Hominem”, la canzone che chiude l’album musicale “La Buona Novella”.
Queste parole sono risuonate nella mia testa svariate volte durante la lettura di “The second coming” di Niven. Forse perché, come la canzone che, come scrive Luigi Viva nel libro “Falegname di parole. Le canzoni e la musica di Fabrizio De André”, è “denuncia al potere che, in nome di un Dio, uccide un uomo, che chiamerà Dio e nel nome del quale ucciderà ancora”, anche il libro di Niven, nemmeno troppo celatamente, fa una simile denuncia.
L’ho trovato pregno di ironia mai leggera, scontata o esagerata. Un libro che utilizza un racconto di fantasia per descrivere la realtà. La stessa impressione che mi suscitò il racconto, di altro genere e trama, dello scrittore Ryūnosuke Akutagawa, “Gesù di Nanchino”. L’idea che sta alla base del romanzo è azzardata quanto geniale: un Gesù che ai giorni nostri viene inviato da Dio nuovamente sulla Terra, perché l’umanità è totalmente allo scatafascio. Un Gesù credibile, dall’inizio alla fine del racconto, perché si fa lente d’ingrandimento sulla contraddittorietà dell’animo umano. Su chi utilizza la Religione per mettere in atto tutto il contrario dei suoi precetti: Guerre, condanne, omicidi e violazione dei diritti altrui. Sull’uomo che guardando al proprio orticello fa male agli altri, al Pianeta e pure a se stesso.
Il tempo sulla Terra scorre molto più velocemente che in Paradiso. “Un giorno in cielo equivale pressappoco a cinquantasette anni sulla terra”. Quando Dio decide di prendersi una vacanza di appena due settimane siamo in pieno Rinascimento, periodo d’oro per scoperte, invenzioni, Scienza e Arte. La mente umana è al massimo della sua espressione. Torna che qui sono passati quattrocento anni e viene aggiornato sulle Guerre e su tutti gli orrori commessi dalla società contemporanea. Di fronte a questo scenario catastrofico, dopo un profondo sconforto, decide di fare quanto già fatto in passato: spedire nuovamente suo figlio Gesù sulla Terra. A ricordare agli esseri umani l’importanza dell’amore per il prossimo, per la Terra e per se stessi, racchiusa nel semplice comandamento “Fate i bravi”.
Il Gesù di Niven nasce e cresce a New York ed è un moderno vagabondo, circondato dagli ultimi della società. Un ribelle che contraddice le regole il buon costume, che proprio non sopporta le ingiustizie, chi lancia il sasso e nasconde la mano. Per questo ha spesso problemi con la giustizia. Ha anche la passione per la musica, una band assieme agli amici Morgan e Kris, con cui ha suonato in diversi concerti. E proprio come un moderno Gesù aiuta gli altri: a disintossicarsi dalla droga, ad avere un piatto caldo da mangiare, a ripararsi dal freddo.
Per lanciare il suo messaggio e fondare quel “Paradiso in Texas” che costituisce la penultima sezione del libro, Gesù utilizza proprio il suo talento per la musica. Inizialmente controvoglia, spinto dagli amici, parteciperà ai provini di uno dei maggiori programmi televisivi americani, il Talent Show musicale “American Popstar”. Superati i provini inizia la vera avventura, prima a bordo di un Van malconcio che da New York lo porterà, assieme ai suoi amici, a San Francisco, sede del programma televisivo, e poi sul palcoscenico, in diretta tv, davanti a milioni di spettatori. Si districherà fra falsi miti e ideologie, sete di denaro e di potere, ricerca del successo anche a costo di denigrare il prossimo. Proverà a consegnare al mondo un messaggio autentico, anche se l’autenticità non è di questo mondo.
“A volte ritorno” di John Niven, strutturato in sei parti, che ben scandiscono la separazione fra cielo e terra, appare credibile anche perché l’autore gioca su un terreno che conosce bene, il mondo della musica, avendo lavorato, prima di decidere di dedicarsi totalmente alla scrittura, nell’industria musicale.
Seppur il Dio e il Gesù Cristo descritti da Niven siano decisamente molto distanti da quelli “canonici”, il racconto non appare mai come offensivo o irrispettoso. Inizialmente, seguendo il percorso del Gesù di Niven, l’ho percepito come lo percepiscono coloro che lo guardano intraprendere il percorso all’interno del Talent Show televisivo, un po’ pesce fuor d’acqua:
Quello ha l’aria di credere in quello che dice, anima e corpo. Un vero e proprio caso umano
Al termine della lettura però mi sono ritrovata in ogni sua parola, concorde con la sua iniziativa e missione di essere parte attiva nel mondo per
Aiutare il prossimo, fargli vedere che si può vivere in un modo migliore
Rimette al centro l’idea di “comunità”, il fatto che quando si compie un’azione, questa ha effetto su noi stessi e sugli altri. Ribadisce ciò che sembrerebbe scontato ma in questo mondo non lo è: che non esiste Religione che giustifichi violenza, prevaricazione, che dia il potere di ledere la dignità e i diritti altrui.
“A volte ritorno” di John Niven. Lo avevo in libreria da alcuni anni e mai gli avevo dato il giusto peso, facendogli passare avanti altre letture. Durante il periodo pasquale ho deciso che era arrivato il suo momento, o forse lo ha deciso lui.
Leggere un libro al momento giusto: non sempre mi capita, ma quando accade è una goduria.
Letteratura. Quella sì era roba buona. Bello che l’avessero inventata
A volte ritorno
di John Niven
Titolo originale: The Second Coming
Traduzione di: Marco Rossari
Einaudi Editore, 2012
Pagine: 381