Diario di una Brocca: Il Supermercato

Disabilità, cibo, supermercati e cambiamenti

Diario di una Brocca: Il Supermercato

Spesso mi soffermo a osservare gli scaffali del supermercato. Mi capita di fissarli per minuti interi, mentre le persone accanto a me passano più o meno velocemente.

È mio modo per guardare il bicchiere mezzo pieno.

È martedì sera, giorno di spesa. Sono al reparto colazione, di fronte alle varie confezioni di cereali in vendita. Una signora con carrello e bambino a seguito cerca di farsi stretta stretta e passare dietro di me, cercando di sembrare il più cordiale possibile quando so che probabilmente mi starà odiando. Fortunatamente inclina leggermente il carrello e passa oltre.

La mia domanda esistenziale, in questo momento, è: prendo o non prendo i cereali al cioccolato? Se li prendo so che mi sentirò in colpa per tutta la durata della confezione e forse anche dopo, se non li prendo la mia scelta sarà, senza ombra di dubbio, una scelta merdosa. Perché tra i cereali al cioccolato e i cereali a tutto il resto una via di mezzo non c’è. Ci sono i cereali al cioccolato e ci sono i cereali merdosi. Punto.

Nel mentre si è creata una fila, ai due lati della corsia. Un addetto del supermercato aspetta di passare con una pila di prodotti nuovi da sistemare. Di fronte a lui una famigliola con due bambini e un carrello stracolmo. In mezzo, io. Mi guardano, l’addetto e la famigliola. Capisco che devo levarmi dai coglioni.

Una delle cose che sto imparando a considerare, da quando uso la sedia a rotelle, è il mio occupare gli spazi con questa. Le porte strette, i corridoi e le stanze con oggettistica varia, altre sedie, portaombrelli, vasi, armadi, insomma, tutti gli ostacoli che prima non ritenevo ostacoli, oggi sono da mettere in conto. Così come il rischio che corro ogni volta che mi trovo vicino a qualcuno – ho scoperto che il movimento delle ruote della carrozzina somiglia molto a quello delle zampe dei gatti, cioè è appena percettibile – ossia di ritrovarmi uno sconosciuto in braccio o di ricevere una gomitata.

E allora mi adatto. Se, mentre sono al supermercato, mi avvicino a uno scaffale dove c’è già qualche cliente assorto e intento a scegliere qualche prodotto, in qualche modo mi annuncio. Colpetto di tosse, fingo di stare al telefono, attacco una canzoncina (sono così stonata che chi mi ascolta non può non spostarsi).

E così evito incidenti.

Intanto si è liberato l’ingorgo e torno di nuovo davanti al reparto cereali. Prenderò quelli al cioccolato. Al diavolo i sensi di colpa.

Ora non c’è nessuno che potrei accoppare con la sedia a rotelle e al momento nessuno che deve passare con carrello e al quale potrei ingombrare il passaggio. Ma devo fare comunque attenzione.

Devo far attenzione a me stessa, a continuare a riconoscermi.

Riconoscermi nelle mie mille metamorfosi, che avere una malattia progressiva come lo è la Fshd provoca. Soprattutto la debolezza alle gambe e alle braccia. Che se ora cado rovinosamente laddove prima non cadevo sono sempre io. Pera cotta lo sono sempre stata, d’altronde.

Ma c’è anche tutto ciò che prima di utilizzare la sedia a rotelle mi negavo perché mi stancavo troppo e che ora faccio. La spesa è uno di questi esempi.

È il mio modo di guardare il bicchiere mezzo pieno

Comunque i cereali che voglio sono in alto, cavolo.

Potrei provare a raggiungerli ugualmente. Potrebbero cadermi addosso decine di scatole e così rischiare di essere travolta da un ripiano di cereali al cioccolato. Lo potrei raccontare un giorno ai miei nipoti al pari di un innamoramento e per un po’ non riesco a immaginare molto altro altrettanto avventuriero.

Ma poi torna l’addetto di prima con nuovi prodotti da sistemare sugli scaffali e in effetti qualcosa di più audace mi viene in mente:

“Ti posso chiedere aiuto? Mi servirebbero quei cereali lassù in alto” gli domando.

Un’altra delle mie metamorfosi.

 

Diario di una Brocca: Il Supermercato

Il mio Diario sulla mia vita, la Fshd e tutto il resto 

Puntata 1 

 

 

 

 

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  1. Questo articolo è diverso, sei sempre tu ma in una versione più diretta, forse più semplice e sicuramente più “life”. Mi piace tantissimo! Ammiro davvero tanto il tuo modo di scrivere, a volte raccontando e ora anche raccontandoti. Aspetto di leggere le altre puntate.

    1. Grazie di cuore, per aver letto l’articolo e, soprattutto, per le tue preziose parole che mi supportano e mi incoraggiano!

  2. Quando ti penso, mi viene sempre in mente la persona che non si è mai negata nulla, né prima né dopo la sedia. Ed è ancor più bello leggerti in ciò che continui a non negarti. Grazie veramente, non smettere mai di raccontarti 🙂

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