Nuoto Libero e le crepe

Un libro sulle ancore di salvezza

Nuoto Libero e le crepe. Ho letto un libro, recentemente, che parlava di me. O meglio, parlava di altri come me. Una storia molto simile alla mia. Una piscina che non è solo una piscina e una malattia che spinge a trovare nuovi equilibri. Un libro sulle ancore di salvezza, non ha importanza se reali o fittizie. Si tratta di “The Swimmers” di Julie Otsuka, edito in Italia per Bollati Boringhieri. Un testo che potrebbe essere definito un romanzo breve o racconto lungo, perché ha in totale poco più di cento pagine.

La sorpresa è che all’interno vengono narrate due distinte storie, seppur interconnesse.

Cambia anche l’io narrante. Nella prima parte la narrazione è affidata alla prima persona plurale. Nella seconda parte la narrazione è in terza persona singolare, per passare, sul finale, alla seconda persona singolare. Sembra essere una caratterizzazione di Otsuka, quella di affidarsi a una voce che potremmo definire “corale”.

Nella prima parte del libro c’è una piscina, che rappresenta un rifugio per chi la frequenta. Una sosta da una vita sempre in corsa. Ci sono i nuotatori, che popolano le pagine senza prevalere l’uno sull’altro. Non c’è un protagonista vero e proprio. La caratterizzazione è appena accennata, questo perché, quando sono in piscina, si spogliano di tutto ciò che sono, delle mille stratificazioni che la vita in superficie gli impone, e sono semplicemente esseri umani. Per tutti loro è chiara una cosa: si trovano più a loro agio in piscina che “In superficie”. Il nuoto per loro non è solamente uno sport o un passatempo, ma il mezzo attraverso il quale riappropriarsi della propria identità.

Quasi sempre, in piscina, riusciamo a lasciarci alle spalle i problemi della terraferma

In piscina tutte le apparenze, i ruoli imposti dalla società, come detto, scompaiono:

In piscina, siamo solo una di queste tre cose: nuotatori da corsia veloce, nuotatori da corsia media oppure lenti

Ma scompaiono anche le ansie, i sintomi legati ai malanni. La vita finalmente, sembra avere un ordine. Finché, nella piscina tanto amata compare una crepa. E quel riparo dal mondo esterno viene messo in discussione.

Nuoto Libero e le crepe. Ovviamente la crepa apparsa in piscina simboleggia un qualcosa di più profondo: ognuno di noi può ritrovarci un qualsiasi istante della propria vita in cui un ostacolo, un problema, un imprevisto, si è presentato proprio lì dove più ci sentivamo protetti:

Tutti abbiamo domande: la crepa avrà vita breve o duratura? È una cosa da niente o è seria? Maligna, benigna o – dice James, l’esperto di etica nella corsia due – moralmente neutra? Da dove è venuta? Quanto è profonda? C’è dentro qualcosa? Chi l’ha provocata? Possiamo cancellarla? E soprattutto: Perché proprio a noi?

Otsuka, descrivendo l’apparizione della crepa nella piscina e la reazione dei nuotatori, altro non fa che descrivere, con estrema grazia, quella caratteristica che è comune a ogni essere umano: cioè la convinzione che i problemi capitino sempre agli altri

Non può succedere proprio a noi. Queste cose di solito succedono alle altre piscine, no? Noi non dovevamo essere – non ci avevano sempre detto, anzi, promesso che eravamo – speciali? Diversi? Immuni? Esenti? 

Nuoto Libero e le crepe, che possono simboleggiare molteplici cose, fra cui anche la Demenza Senile, malattia che affiora tra le pagine assieme a uno dei frequentatori della piscina, Alice. Così la crepa va a rappresentare il cambiamento a cui spesso la vita ci chiama quando ci confrontiamo con una malattia.

Ed è qui che il libro di Otsuka compie un piccolo miracolo: cambia lo scenario pur mantenendo una continuità. Si passa dalla piscina, la cui crepa ora impedisce ai nuotatori di continuare a frequentarla, all’ingresso di Alice in una casa di riposo, altra “crepa”, che la sottrae alla vita di sempre e impedisce ai suoi familiari di continuare ad avere con lei lo stesso rapporto di un tempo.

La narrazione, in questa seconda parte del libro, è affidata alla figlia di Alice, che in principio elenca ciò che la madre ricorda e ciò che non ricorda. Con questa operazione prepara noi ad assistere all’ingresso di Alice nella casa di riposo e prepara lei stessa a separarsi dalla madre. La casa di riposo “Bellavista” è un luogo asettico, che senza troppi giri di parole consegna ad Alice e la sua famiglia, ma anche a noi lettori, l’amara verità che tutti conosciamo e che cerchiamo inutilmente di nascondere o di mascherare:

La sua malattia non ha alcun “significato” o “fine superiore”. Non è un “dono”, né una “prova”, né un’occasione di crescita e trasformazione. Non guarirà la sua anima arrabbiata e ferita, né la renderà una persona più buona e compassionevole, meno incline a giudicare gli altri… E neppure l’avvicinerà all’essere superiore, Né la libererà dalle sue vecchie, banali preoccupazioni… L’unica cosa che farà la malattia sarà avvicinarla alla sua inevitabile fine

Ma ci sono anche i piccoli gesti come una stretta di mano, che fanno sentire Alice di nuovo vicina a sua figlia. La gentilezza verso gli altri ospiti della casa di cura, l’improvviso amore per la Natura e per un albero. Le attese e le disattese. Le speranze nella ricerca scientifica e i medici che spesso vedono un paziente come un mero oggetto di studio anziché come una persona. Se c’è una cosa che la malattia non altera sono i mille colori della vita, le mille esperienze che si possono fare, anche quando la strada sembra solo una salita.

Otsuka ha confessato che questa seconda parte del libro, incentrata sulla malattia di Alice, prende in parte spunto dalla sua vicenda personale. Ha dato voce, con una narrazione mai invadente, mai faziosa, anzi con delicatezza e poeticità, spesso strappandoci una risata, a chi si trova ad affrontare un imprevisto o un cambiamento, per via di una crepa o di una malattia. Ma ha raccontato anche l’amore di una figlia per sua madre, riportandoci lì dove c’è il nocciolo della nostra essenza, proprio come la piscina fa con i nuotatori.

Io sono decisamente una nuotatrice da corsia lenta. Ma sono anche io un’amante della Piscina. Avevo già praticato questo sport, da piccola. Quando ho iniziato a usare la sedia a rotelle e entrare e uscire dall’acqua è divenuto un problema, ho pensato non fosse più possibile. Poi ho trovato una piscina accessibile, con elevatore per l’accesso.

Ritornando a nuotare, ho scoperto che è l’unico momento in cui sono realmente nell’attimo che sto vivendo. Tutto il superfluo scompare, e mi sento leggera. All’inizio di quest’anno mi sono dovuta fermare per un po’, per via di un’operazione per rimuovere parte della Tiroide. Quando la crosta della ferita è caduta e io mi sono sentita abbastanza in forze per non annegare appena entrata in acqua, sono tornata in Piscina. Ed è stato come riappropriarmi di nuovo di me stessa.

Quando ho letto “Nuoto Libero” mi sono commossa, perché i suoi nuotatori provano per la piscina i miei stessi sentimenti.

Devo tanto al libro di Julie Otsuka, perché descrive con grazia gli alti e bassi della vita, utilizzando parole e pensieri in cui più di una volta mi sono ritrovata. E consiglio questo libro veramente a tutti, perché è come una carezza alla fine di una giornata faticosa.

 

Julie Otsuka

Nuoto Libero

Traduzione di Silvia Pareschi

Bollati Boringhieri, 2022

Pagine: 144

 

 

 

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