Il valore simbolico del cibo nei Libri:
Il cibo rappresenta le nostre radici, ci definisce. Delinea chi siamo e da dove veniamo tanto quanto la terra in cui nasciamo. E proprio perché il cibo dice molto di noi, che spesso diventa uno strumento. Di riscatto e di condivisione. Si dice spesso che i libri e la cultura sono il nostro “pane quotidiano”, perché rappresentano un vero e proprio nutrimento. I libri ricordano quindi il cibo che, appunto, ci nutre. Per queste ragioni ho voluto interrogarmi su quale sia Il valore simbolico del cibo nei libri, rileggendo Il Pranzo di Babette di Karen Blixen (ascoltato anni fa in audiolibro), e accorgendomi che il cibo ha un forte importanza anche in altri due testi letti di recente; La Bastarda di Istanbul di Elif Shafak e Juniper & Thorn di Ava Reid.
Il cibo come strumento di condivisione e liberazione: Il Pranzo di Babette, di Karen Blixen.
Nel 1950, Il Pranzo di Babette esce con il titolo inglese Babette’s Feast. Karen Christentze Dinesen, baronessa von Blixen-Finecke (questo il suo nome completo) usò, per pubblicarlo, uno dei suoi pseudonimi, quello inglese e americano: Isak Dinesen. Il testo viene successivamente tradotto in danese dalla stessa autrice. Venne inserito all’interno della raccolta di racconti intitolata Anecdotes of detstiny, l’ultima opera pubblicata da Blixen in vita.
Siamo in Norvegia, in un piccolo paesino fatto di case gialle e di tanti altri colori, Berveelag. Due sorelle, figlie di un decano Luterano, Filippa e Martina, vivono una vita frugale e austera. Dedita alla cura dei membri della piccola comunità fondata dal padre. Per compiere i propri doveri ed aderire al credo del loro padre, entrambe hanno rinunciato ai propri desideri e aspirazioni, professionali e, soprattutto, sentimentali.
Nella loro quotidianità, fatta di certezze, doveri e pochi piaceri, arriva Babette. Profuga francese, in fuga dagli sconvolgimenti causati dalla Comune di Parigi. Chiede alloggio e la possibilità di prestare, gratuitamente, servizio presso la casa delle due donne, che in questo modo potranno continuare a prestare il loro volontariato in sostegno della Comunità. Finché Babette non vincerà alla lotteria 10.000 franchi e avrà la possibilità di utilizzare questi soldi per tornare finalmente a casa. Ma non lo farà e deciderà anzi di utilizzarli per omaggiare le sorelle e i membri della piccola comunità con un pasto, preparando i migliori e costosi piatti della cucina francese. essendosi formata come cuoca presso il Cafe Anglais di Parigi. Con questo gesto, Babette compie la magia di appianare vecchi contrasti, sciogliere incomprensioni.
Il cibo è l’espediente per compiere la volontà di Dio. Durante la festa, la cena, Blixen fa citare ai suoi personaggi il vangelo di Matteo, 7:9, 10 (“E qual è l’uomo fra voi che, se il figlio gli chiede un pane, gli dà una pietra? Oppure se gli chiede un pesce gli dà un serpente?”) per compiere una conversione.
Nel racconto viene fatto utilizzo dell’eco e della ripetizione, che Blixen chiama “da capo”. L’epilogo richiama l’incipit, la possibilità per le sorelle Filippa e Martina di sperare di accedere alla felicità a cui in precedenza avevano rinunciato.
La “feast” se vogliamo richiamare il titolo originale dell’opera, o il pranzo, se vogliamo invece usare il titolo in italiano, è un’occasione di riconciliazione tra gli invitati. Di appianare vecchi dissidi, ma anche per le sorelle di riconciliarsi e in qualche modo appropriarsi di un passato e di un destino, a cui avevano rinunciato per fede e devozione nei confronti del loro padre e della religione. C’è nel testo l’augurio che le due sorelle possano essere un giorno in paradiso, che ci sia tra loro e i loro amati, in passato allontanati, una vicinanza di spirito.
Questo augurio viene assorbito e rivolto a Babette al termine del pasto. Che lei possa trovarsi in paradiso ed essere la grande artista qual è. Ecco il potere simbolico della festa, del cibo.
Altri esempi in cui è forte Il valore simbolico del cibo nei Libri:
Il cibo come espressione di una cultura, ponte fra due popoli in contrasto fra di loro. The Bastard of Istanbul, La Bastarda di Istanbul, di Elif Shafak:
Può essere banalmente definita come una saga familiare ma a mio avviso è molto di più. Un romanzo corale fatto di incontri e scontri, tra membri della stessa famiglia, sullo sfondo dell’antico conflitto fr turchi e armeni.
È un romanzo in cui i personaggi sono rivolti al passato, comprese le giovani Armanush e Asya, che eppure rappresentano un ponte tra due popoli in contrasto. Anche i luoghi che le due ragazze frequentano, il caffè Kundera e il caffè Costantinopolis, uno reale e uno in Internet, sono emblematici, legati al cibo, alla letteratura, al dibattito politico e culturale e all’evasione. Ogni capitolo del libro è intitolato con un ingrediente culinario, e anche qui il cibo è strumento che appiana le divergenze e i contrasti.
Il cibo come metafora e similitudine di liberazione: Juniper & Thorn di Ava Reid:
Non a caso uso queste due figure retoriche, di cui si fa largo uso in questo romanzo gotico che rilegge la favola “Il Ginepro” dei fratelli Grimm; similitudini e metafore. I temi trattati sono molteplici, magia, patriarcato, capitalismo, capacità di trasformarci attraverso il rapporto con gli altri.
Le vicende si sviluppano a Oblya, una città immaginaria, ispirata alla città Ucraina di Odessa (Reid, scrittrice statunitense ha origini ebreo ucraine da parte di madre). In questa città l’avanguardia e il capitalismo avanzano sostituendo una terra verde abitata dalla magia. Questo determina la crisi dello stregone padre, Zmj Vashchenko, che per sopravvivere sfrutta le doti delle sue tre figlie, Rose, Undine e Marlichen, che di questa storia è la protagonista. Marlichen viene descritta come di aspetto insignificante rispetto alle sue sorelle e incapace di reagire alla cattiveria, per questo ne riceve in maggior parte sia da una delle sorelle, Undine, che, soprattutto da padre. Marlinchen, sempre in preda ai sensi di colpa, in disparte, vittima, suggestionata dal giudizio che in fondo è solo il giudizio della sua famiglia; grazie all’amore scoprirà che non è lei, ad essere sbagliata.
Il cibo, come i Mlyntsi, Varenyki, viene utilizzato per placare le ire del padre stregone, condannato da una maledizione ad avere sempre fame, quindi, anche qui, ha una finalità di risoluzione. Ma anche di riscatto, come vediamo nella parte finale della storia, perché é proprio il cibo a rendere finalmente a Marlichen la vita e la libertà che le spettano.
Fonti:
Gossman, Ann. “Sacramental Imagery in Two Stories by Isak Dinesen.” Wisconsin Studies in Contemporary Literature, vol. 4, no. 3, 1963, pp. 319–26. JSTOR, https://doi.org/10.2307/1207283. Accessed 6 Apr. 2025.
Tiozzo, Enrico. “UN NOBEL D’ASSI VINTO A TAVOLINO, NEL 1959.” Belfagor, vol. 65, no. 3, 2010, pp. 332–40. JSTOR,
I testi citati:
Karen Blixen, Il pranzo di Babette, in Capricci del destino, Feltrinelli Editore (Traduzione dall’inglese di Paola Ojetti)
Elif Shafak, La Bastarda di Istanbul, Bur Rizzoli (Traduzione di Laura Prandino)
Ava Reid, Juniper & Thorn, Ne/oN Libri (Traduzione di Giorgia Demuro)